Noi montanari non siamo capaci di dipingere le nostre montagne con i colori delle relazioni giornalistiche. Ce le guardiamo in silenzio, da innamorati, magari rosicchiando piano piano un pezzo di formaggio. Ma la sella del Ghiacciaio superiore è qualcosa di tanto paurosamente bello che ogni volta che vi passo, e mi fermo a riprendere fiato, vorrei che quel povero pezzo di formaggio durasse in eterno.
Giovanna Zangrandi (da “Lo specchio verde” di Anna Lina Molteni-2023) con riferimento alla sella di Pradonego, da Pieve di Cadore
“..Cammineremo un poco insieme, anche sulle montagne di fuori, mio caro. Io credo che il desiderio delle Alpi sia anche un’esigenza di equilibrio; un bisogno di trovarci a parità fra l’altezza interna e l’altitudine esterna; questo riconoscimento ci dà gioia, e ci rimane nel ricordo come un segno, di cosa raggiunta; non ti pare?”
Da una lettera di Clemente Rebora (1885-1957) al fratello Piero
Nei sentieri andrò, la sera estiva e celeste,
punto dai grani, a pestar l’esile erbatura:
sognante, ai piedi ne sentirò la frescura,
lascerò il vento bagnarmi la nuda testa.
Non dirò parola, non penserò più a niente:
ma infinito mi salirà l’amore in fondo
al petto, e andrò nella Natura vagabondo
ben lontano, - come con donna lietamente.
Arthur Rimbaud
“Sensazione” (trad. G.P.Bona)
Le cime delle Alpi e i siti adiacenti sono del tutto senza alberi e ignudi per causa della neve che in inverno e in estate continuamente vi rimane; laddove i fianchi dei monti sotto alla loro metà sono da ambo le parti selvosi e fecondi d’alberi e dappertutto abitabili.
Polibio (200-118 a.C.), Storie, libro III
Et iam summa procul villarum culmina fumant,
maioresque cadunt altis de montibus umbrae.
E già lontano fumano i tetti dei casolari,
e più lunghe dall’alto dei monti scendono le ombre.
(Virgilio, Bucoliche, Ecloga prima)
Dicite, quandoquidem in molli consedimus herba:
et nunc omnis ager, nunc omnis parturit arbos,
nunc frondent silvae, nunc formosissimus annus.
Cantate, dato che siamo adagiati su tenera erba,
e ora ogni campo e ogni albero germoglia,
ora le seve frondeggiano, ora è la migliore stagione.
(Virgilio, Bucoliche, Ecloga terza)
Fraxinus in silvis pulcherrima, pinus in hortis,
populus in fluviis, abies in montibus altis
Il frassino è il più bello nelle selve, il pino nei giardini
Il pioppo lungo i fiumi, l’abete sulle alte montagne
(Virgilio, Bucoliche, Ecloga settima)
“Il Serruchón, da cui prende il nome l’arrondimiento come del più cospicuo de’ suoi rilievi, è una lunga erta montana tutta triangoli e punte, quasi la groppa-minaccia del dinosauro: di levatura pressoché orizzontale salvo il giù e su feroce di quelle cuspidi e relative bocchette, portelli del vento. Parete altissima e grigia incombe improvvisa sull’idillio, con cupi strapiombi: e canaloni, fra le torri, dove si rintanano fredde ombre nell’alba, e vi persistono, coi loro geli, per tutto il primo giro del mattino. Dietro nere cime il sole improvvisamente risfolgora: i suoi raggi si frangono sulla scheggiatura del crinale e se ne diffondono al di qua, verso il Prado, scesi a dorare le brume della terra, di cui emergono colline, tra i vasti laghi. Qualcosa di simile, per il nome e più per l’aspetto, al manzoniano Resegone.”
Carlo Emilio Gadda “La cognizione del dolore” Einaudi
“Taglieranno tante piante?
Mah, ho detto, tra pista e seggiovia sono dieci ettari di bosco. A cinquecento piante per ettaro, fanno sulle cinquemila. Dobbiamo salire a martellarle in questi giorni.
Martellarle?
Le segniamo con la vernice. Poi la primavera vengono a tagliare.
Cinquemila piante, tagliano?
(…) Ma è dalla notte dei tempi che gli uomini tagliano le piante, accoppano le bestie e si sfondano la testa a vicenda. Se c’è del male su questa terra è solo roba nostra.”
Paolo Cognetti “Giù nella valle” Einaudi 2023
Strabone (geografo e storico greco nato nel 60 a.C. e trasferitosi da giovane a Roma) scrivendo delle difficoltà e dei pericoli che si incontrano nel percorrere le strade che attraversano le Alpi, parla anche delle valanghe: “…grandi masse di ghiaccio, che si staccano dall’alto, sì ampie che possono opprimere tutta una compagnia di viaggiatori e trascinarla con sé nei precipizi che si aprono sotto le strade. Questo perché molti strati di ghiaccio si ammassano gli uni a ridosso degli altri a cagione delle nevi che cadono sopra al ghiaccio e s’agghiacciano anch’esse, formandovi nuovi strati. Poi quelli che si trovano di sopra facilmente sdrucciolano via dagli strati inferiori prima che il sole abbia potuto fonderli insieme”
Strabone: Geografia, libro IV
In certi giorni di vento, in autunno o in primavera, in fondo ai viali di Milano comparivano le montagne. Succedeva dopo una curva, sopra un cavalcavia, all’improvviso, e gli occhi dei miei genitori, senza bisogno che uno indicasse all’altra, correvano subito lì. Le cime erano bianche, il cielo insolitamente azzurro, una sensazione di miracolo.
Paolo Cognetti
(da “Le otto montagne” Einaudi 2017)
Scandagliare i propri limiti, le proprie forze, superare le proprie paure e i propri dubbi: questa è una risposta che va più in là del semplice divertimento nell’andare in montagna. Ma perché scandagliare i propri pensieri? Probabilmente per nascere veramente. Ritengo che ogni uomo, nel corso della propria vita, cerchi di nascere, voglio dire di riconoscersi totalmente, di illuminarsi.
Reinhold Messner
(da “La montagna a modo mio” Corbaccio 2009)
Scandagliare i propri limiti, le proprie forze, superare le proprie paure e i propri dubbi: questa è una risposta che va più in là del semplice divertimento nell’andare in montagna. Ma perché scandagliare i propri pensieri? Probabilmente per nascere veramente. Ritengo che ogni uomo, nel corso della propria vita, cerchi di nascere, voglio dire di riconoscersi totalmente, di illuminarsi.
Reinhold Messner
(da “La montagna a modo mio” Corbaccio 2009)
Quelle ore di fatica ci allontanavano gradualmente dal mondo normale della pianura e della città. Lasciavi la fonte Cerreto tra le querce; poco dopo gli alberi si trasformavano in arbusti, poi sparivano del tutto, mentre la salita si faceva più ripida. Le ossa di pietra della montagna sbucavano dal manto misero e giallastro d’erbe secche. Ti sentivi lentamente accolto in un mondo dalle dimensioni inconsuete ed affascinanti. Le ore? Non contavano più nulla. Questi erano posti da secoli! L’orizzonte si allargava piano piano. In un certo senso, salendo “creavi il mondo”- mentre adesso te lo trovi confezionato come un prodotto industriale, uscendo dalla funivia sul terrazzo dell’albergo.
Fosco Maraini - Quando salendo creavi il mondo
(da “Racconti di montagna” Einaudi)
“Nessuno scopre un crepaccio così prontamente come colui che è abituato a attraversare da solo campi di neve. Nessuno imprime nella sua mente la linea di ascesa quanto il rocciatore che sa poi di dover trovare da solo la via del ritorno”
Le mie scalate nelle Alpi e nel Caucaso
“All’aprirsi degli anni Novanta dell’Ottocento. non corrispondevano ancora una pratica diffusa e una montagna popolare. L’alpinismo rimaneva un fenomeno elitario ristretto ai ceti alti e medio-alti, fatto culturale e pratica difficile e costosa. Non che fossero mancati nel CAI interventi di divulgazione scientifica, con cicli di conferenze fin dal 1876, tentativi di promuovere carovane scolastiche alpine dal 1893 per la conoscenza dell’ambiente naturale e come preparazione all’alpinismo.”
Le cime delle Alpi e i siti adiacenti sono del tutto senza alberi e ignudi per causa della neve che in inverno e in estate continuamente vi rimane; laddove i fianchi dei monti sotto alla loro metà sono da ambo le parti selvosi e fecondi d’alberi e dappertutto abitabili.
Polibio (200-118 a.C.), Storie, libro III
Arthur Rimbaud
“Sensazione” (trad. G.P.Bona)
Nei sentieri andrò, la sera estiva e celeste,
punto dai grani, a pestar l’esile erbatura:
sognante, ai piedi ne sentirò la frescura,
lascerò il vento bagnarmi la nuda testa.
Non dirò parola, non penserò più a niente:
ma infinito mi salirà l’amore in fondo
al petto, e andrò nella Natura vagabondo
ben lontano, - come con donna lietamente.
“Nessuno scopre un crepaccio così prontamente come colui che è abituato a attraversare da solo campi di neve. Nessuno imprime nella sua mente la linea di ascesa quanto il rocciatore che sa poi di dover trovare da solo la via del ritorno”
Mummery "Le mie scalate nelle Alpi e nel Caucaso"
Sono stati gli artisti romantici ad aprire le tendine delle carrozze e allungare lo sguardo ribelle, per accorgersi di quanto fosse bello il disordine alpino e quanta gioia scaturisse dal paesaggio indocile. Le Alpi rompevano le regole dell’armonia classica; erano il grido trasgressivo della geologia contro la natura conformista delle pianure; chi amava le montagne praticava una disubbidienza geografica e culturale.
Enrico Camanni “Alpi ribelli” Laterza
“Qui in montagna – riprese – si diventa amici più facilmente, perché la persona appare presto come è davvero: non c’è spazio per i trucchi, per mettersi in posa, quando ti trovi alle prese con le difficoltà della salita, gli ostacoli della natura, il maltempo, la fatica…allora si vede di che stoffa sei fatto; se sei venuto qui per curiosità, per vanità, per snobismo…o se invece sei disposto a stare alle regole del gioco”.
Lorenzo Revojera “Le fragole dell’Alpe Devero” Persico Edizioni
Don Achille era nato a Desio, in Brianza, e per chi vive da quelle parti, l’orizzonte verso nord è chiuso dalla linea delle montagne prealpine; da sinistra i placidi rilievi sopra Como ed Erba, poi il profilo si impenna con le vette puntate delle due Grigne e con la frastagliata cresta del Resegone. Don Achille amava quella linea e gli piaceva osservarla, da qualche punto rilevato, anche quando viveva a Milano. (…) Oltre cento anni fa, nell’ottobre del 1913, don Achille Ratti, allora Prefetto della Biblioteca Ambrosiana e Viceprefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana, ma già noto nel mondo alpinistico per aver compiuto alcune ascensioni memorabili, saliva la cima della Grigna Settentrionale
Scandagliare i propri limiti, le proprie forze, superare le proprie paure e i propri dubbi: questa è una risposta che va più in là del semplice divertimento nell’andare in montagna. Ma perché scandagliare i propri pensieri? Probabilmente per nascere veramente. Ritengo che ogni uomo, nel corso della propria vita, cerchi di nascere, voglio dire di riconoscersi totalmente, di illuminarsi.
Gli zoccoli dei camoscio sono le quattro dita del violinista. Vanno alla cieca e non sbagliano millimetro. Schizzano su strapiombi, giocolieri in salita, acrobati in discesa, sono artisti da circo per la platea delle montagne. Gli zoccoli del camoscio appigliano l’aria. Il callo a cuscinetto
(…)
Anima, sii come la montagna:
che quando tutta la valle
è un grande lago di viola
e i tocchi delle campane vi affiorano
come bianche ninfee di suono,
lei sola, in alto, si tende
ad un muto colloquio col sole.
(…)
Da “Esempi” Antonia Pozzi, Pasturo 10 aprile 1931
"Partimmo da casa il giorno stabilito e a sera eravamo giunti a Malaucena, alle falde del monte, verso settentrione. Qui ci fermammo un giorno e oggi finalmente, con un servo ciascuno, abbiamo cominciato la salita, e molto a stento. La mole del monte infatti, sassosa qual è, è quanto mai scoscesa e quasi inaccessibile; ma ben disse il poeta che “l’ostinata fatica vince ogni cosa”.
Milano in Vetta ha ricominciato ad aggiornare la rubrica WEELEND con le proposte delle organizzazioni escursionistiche verso le zone montane. Tali proposte prevedono comunque il rispetto di norme di comportamento intese ad evitare il rischio di trasmissione del Coronavirus. Suggeriamo di pianificare le prossime escursioni avvalendosi anche delle proposte contenute nella rubrica FOTOITINERARI.
Chi desidera partecipare o organizzare escursioni in montagna trova In questo sito la rubrica "Prossimo weekend" che si rinnova ogni settimana e pubblica una selezione delle escursioni che nel weekend partono da Milano, o hinterland, e che vengono proposte da varie organizzazioni. La sezione “Fotoitinerari” propone poi oltre 2.000 foto e oltre 200 itinerari verso tante località montane che chi abita a Milano, o comunque in Lombardia, può raggiungere in una escursione
Ti vorrei dare questa stella alpina.
Guardala: è grande e morbida. Sul foglio
pare un’esangue mano abbandonata.
Sbucata dalle crepe di una roccia,
o sui ghiaioni, o al ciglio di una gola,
là si sbiancava alla più pura luce.
Prendila: è monda e intatta. Questo dono
non può farti del male, perché il cuore
oggi ha il colore delle genzianelle.
Verso est una guglia emergeva in distanza da una corona di rocce. Il Cervino. Ne avevo raggiunto la cima otto anni prima e ancora tre mesi fa. Poco più di un secolo fa gli abitanti delle vallate vicine ritenevano che fosse circondato da un invisibile cordone. Per loro il Cervino non solo era la montagna più alta delle Alpi, ma del mondo addirittura. Parlavano della sua cima ove doveva trovarsi una città in rovina abitata dagli spiriti.
Gli zoccoli dei camoscio sono le quattro dita del violinista. Vanno alla cieca e non sbagliano millimetro. Schizzano su strapiombi, giocolieri in salita, acrobati in discesa, sono artisti da circo per la platea delle montagne. Gli zoccoli del camoscio appigliano l’aria. Il callo a cuscinetto
Un trucco per ottenere legno da lavoro di eccellente resa è quello di lasciare le piante stese per terra almeno venti giorni. Prima però bisogna privarle di tutti i rami tranne un ciuffo sulla cima. Questo sistema da noi si dice “in sciadéna”. La cima, che non vuole morire, cercherà di resistere (....continua a leggere)
Negli ultimi venticinque anni ho partecipato a oltre mille interventi di salvataggio in montagna; ho visto molti incidenti con esito tragico, per colpa delle vittime o perché il destino ha voluto così. Molti alpinisti si sopravvalutano o sottovalutano in montagna: tentano di raggiungere a tutti i costi i loro scopi senza rispettare la natura,
Don Achille era nato a Desio, in Brianza, e per chi vive da quelle parti, l’orizzonte verso nord è chiuso dalla linea delle montagne prealpine; da sinistra i placidi rilievi sopra Como ed Erba, poi il profilo si impenna con le vette puntate delle due Grigne e con la frastagliata cresta del Resegone. Don Achille amava quella linea e gli piaceva osservarla, da qualche punto rilevato, anche quando viveva a Milano. (…)
Cento anni fa, nell’ottobre del 1913, don Achille Ratti,
Nel secondo dopoguerra del Novecento, con l’affermazione del turismo di massa e dello sci di pista, un modello suadente, edonistico e smaccatamente cittadino si è posato sulla tradizione contadina costruita sul risparmio e la sobrietà. Era povera e resistente, ma non abbastanza. Sembrava imbattibile, ma è stata travolta
Di solito, quando si comincia a decelerare e si continua a salire, le forze diminuiscono sempre più vistosamente, si diventa sempre meno lucidi, le soste si allungano. Invece a me non stava accadendo nulla del genere: rimaneva solo il fiato corto e quei dieci, inesorabili costanti passi
Nel secondo dopoguerra del Novecento, con l’affermazione del turismo di massa e dello sci di pista, un modello suadente, edonistico e smaccatamente cittadino si è posato sulla tradizione contadina costruita sul risparmio e la sobrietà. Era povera e resistente, ma non abbastanza. Sembrava imbattibile, ma è stata travolta
Chi degusta i monti fino in fondo con l’anima, coi sensi, con tutto, prova brividi d’intenso piacere geologico alla vista ed al contatto di certe pietre, di certe rupi. Dopotutto la roccia cos’è se non carne del mondo, carne cosmica? Personalmente trovo sempre irresistibile il calcare,
In certi giorni di vento, in autunno o in primavera, in fondo ai viali di Milano comparivano le montagne. Succedeva dopo una curva, sopra un cavalcavia, all’improvviso, e gli occhi dei miei genitori, senza bisogno che uno indicasse all’altra, correvano subito lì. Le cime erano bianche, il cielo insolitamente azzurro, una sensazione di miracolo.
Paolo Cognetti
(da “Le otto montagne” Einaudi 2017)
Quelle ore di fatica ci allontanavano gradualmente dal mondo normale della pianura e della città. Lasciavi la fonte Cerreto tra le querce; poco dopo gli alberi si trasformavano in arbusti, poi sparivano del tutto, mentre la salita si faceva più ripida. Le ossa di pietra della montagna sbucavano dal manto misero e giallastro d’erbe secche. Ti sentivi lentamente accolto in un mondo dalle dimensioni inconsuete ed affascinanti. Le ore? Non contavano più nulla. Questi erano posti da secoli! L’orizzonte si allargava piano piano. In un certo senso, salendo “creavi il mondo”- mentre adesso te lo trovi confezionato come un prodotto industriale, uscendo dalla funivia sul terrazzo dell’albergo.
Fosco Maraini - Quando salendo creavi il mondo
(da “Racconti di montagna” Einaudi)
"Partimmo da casa il giorno stabilito e a sera eravamo giunti a Malaucena, alle falde del monte, verso settentrione. Qui ci fermammo un giorno e oggi finalmente, con un servo ciascuno, abbiamo cominciato la salita, e molto a stento. La mole del monte infatti, sassosa qual è, è quanto mai scoscesa e quasi inaccessibile; ma ben disse il poeta che “l’ostinata fatica vince ogni cosa”.
In alto c’è un pino distorto;
sta intento ed ascolta l’abisso
col fusto piegato a balestra.
Rifugio d’uccelli notturni,
nell’ora più alta risuona
d’un battere d’ali veloce.
Ha pure un suo nido il mio cuore
sospeso nel buio, una voce;
sta pure in ascolto, la notte.
Salvatore Quasimodo
(da “Ed è subito sera” Mondadori 1942)
Scandagliare i propri limiti, le proprie forze, superare le proprie paure e i propri dubbi: questa è una risposta che va più in là del semplice divertimento nell’andare in montagna. Ma perché scandagliare i propri pensieri? Probabilmente per nascere veramente. Ritengo che ogni uomo, nel corso della propria vita, cerchi di nascere, voglio dire di riconoscersi totalmente, di illuminarsi.
Un giorno (era il 1956, avevo vent’anni) andai in treno verso la Grigna e iniziai l’arrampicata ai torrioni Magnaghi, senza corda né niente. A un certo punto mi ritrovai dietro tre alpinisti e uno di loro mi chiamò: “Dove vai, biondino?” (all’epoca avevo i capelli chiari e un po’ lunghi), “Vuoi venire con noi?”. Era Bonatti.