I gradi dell'arrampicata per Mauro Corona
Quando ero un ragazzino e andavo sulle montagne con mio nonno, mio padre, i bracconieri o con alpinisti anziani senza più velleità arrampicatorie, ammesso che ne avessero mai avute, i gradi delle scalate erano pochi; soprattutto semplici e comprensibili. Con due parole si definiva l’arrampicata di quel tempo. Le parole erano “bon” e “trist”. Buono e cattivo. Se qualcuno passava disinvolto e sicuro sul trist, era alpinista di prim’ordine. Ma quella parola non specificava quanto era difficile il passaggio. Per cui potevi trovarti su un trist accessibile o un trist con rischio di sfracellarti di sotto. Superare un trist del compianto amico Guerrinin, cacciatore e atleta funambolo, era impresa che riusciva a pochi. Comunque, il fatto di sapere che ti trovavi su un tratto cattivo ti rendeva piuttosto cauto. Dopodiché stava alla sensibilità e all’esperienza personale valutare la difficoltà di quel trist, decidere se affrontarlo oppure rinunciare.
Da “Cani, camosci, cuculi (e un corvo)” di Mauro Corona – Mondadori 2007