La montagna 700 anni fa
Nella Commedia di Dante si vive il passaggio dagli abissi del peccato al dilettoso monte che ascende al vertice della virtù. La montagna, ora come allegoria, ora come difficoltà del passo, ora come metafora, è diverse volte presente nel testo. Riferimenti alla montagna e all’ascensione li ritroviamo in vari versi del poema, a partire dalla prima cantica:
Così prendemmo via giù per lo scarco
di quelle pietre, che spesso moviensi
sotto i miei piedi per lo novo carco.
Inferno, XII, 28-30
Così, levando me sú ver’ la cima
d’un ronchione, avvisava un’altra scheggia
dicendo: “Sovra quella poi t’aggrappa;
ma tenta pria s’è tal ch’ella ti reggia”.
Inferno, XXIV, 27-30
tra le schegge e tra’ rocchi de lo scoglio
lo piè sanza la man non si spedia.
Inferno, XXVI, 17-18
quando n’apparve una montagna, bruna
per la distanza, e parvemi alta tanto
quanto veduta non avëa alcuna.
Inferno, XXVI, 133-135
Altrettanto presenti sono i riferimenti alla selva, al bosco, a una natura che nella prima cantica ha in sé il germe della minaccia e del mistero.
Ahi quanto a dir qual era è cosa dura
esta selva selvaggia e aspra e forte
che nel pensier rinova la paura!
Inferno, I, 4-6
Come d’autunno si levan le foglie
l’una appresso de l’altra, fin che ‘l ramo
rende a la terra tutte le sue spoglie,
Inferno, III, 112-114
quando noi ci mettemmo per un bosco
che da neun sentiero era segnato.
Non fronda verde, ma di color fosco;
non rami schietti, ma nodosi e ‘nvolti;
Inferno, XIII, 2.5
Pubblicato il 21/08/2021